Cecillia (53 anni)

Caso di studio nr. 5: Cecillia (53 anni), Coach/terapista, proprietaria di una struttura di formazione

“Lavoravo con sempre più impegno – dice ora Cecillia – ma la produttività diminuiva. La mia scarsa efficacia mi rendeva furiosa con me stessa e brusca con i colleghi. Non riuscivo più ad addormentarmi presto e facilmente, anche se ero molto stanca.”

I principali segnali di burnout che Cecillia ha sperimentato erano: fatica, eccesso di lavoro con conseguente poco tempo per riposare e prender vacanze; diminuzione della produttività; problemi di sonno, varie infiammazioni, raffreddori, dolori, problemi cardiaci; perdita di energia e di stima in se stessa.

Essendo la proprietaria della struttura, aveva la responsabilità di tutto, in più poiché spesso telelavorava non vi era una separazione fisica e temporale fra ufficio e casa. Tendeva a proteggere gli altri assumendosi tutte le responsabilità, credeva nel motto “chi non lavora, non mangia”, non si occupava di se stessa ma era tutta concentrata sulla reputazione dell’impresa.

Il lavoro di coaching è stato impegnativo; si è iniziato con il suggerire meccanismi di recupero (giardinaggio, maggiori relazioni con i familiari), quindi vi è stato un approfondimento sui fattori chiave che hanno portato al burnout. Motti tipo: “devo far tutto da sola”, “non ho bisogno di aiuto”, “sono responsabile io per gli altri” hanno dovuto essere abbandonati, mentre la capacità di gestire le emozioni e la priorità della salute (ad iniziare da una dieta personalizzata) e del benessere sono state poste come centrali per il nuovo stile di vita.